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2009-04-25

Il petrolio (dal greco πέτρα–roccia e έλαιο–olio), anche detto oro nero, θ un liquido infiammabile, denso, di colore che può andare dal nero al marrone scuro, passando dal verdognolo fino al giallo, che si trova in alcuni giacimenti entro gli strati superiori della crosta terrestre. È composto da una miscela di vari idrocarburi (in prevalenza alcani, ma con variazioni nell'aspetto, nella composizione e nelle proprietà fisico-chimiche).

* 1 Formazione

o 1.1 Teoria biogenica

o 1.2 Teorie abiogene

* 2 Composizione

* 3 Storia del petrolio

o 3.1 Studi sulle riserve di petrolio

o 3.2 Paesi con le maggiori riserve di petrolio

* 4 Impatti ambientali del petrolio

* 5 Principali paesi produttori

* 6 Principali paesi consumatori

* 7 Lista di alcune compagnie petrolifere

* 8 Mercato del petrolio

* 9 Note

* 10 Voci correlate

* 11 Altri progetti

* 12 Collegamenti esterni

Formazione

Teoria biogenica

Rappresentazione schematica di un reservoir di petrolio.

La teoria biogenica, supportata dalla maggior parte dei geologi petroliferi[senza fonte], indica che il petrolio deriva dalla maturazione termica di materia organica rimasta sepolta (quindi in assenza di ossigeno), che si decompone in un materiale ceroso (noto come pirobitume o cherogene), che in condizioni di elevata temperatura e pressione libera idrocarburi.

Una volta prodotti, gli idrocarburi risalgono verso l'alto, grazie alla loro bassa densità, e si accumulano in rocce porose, che costituiscono il reservoir. Perché le rocce porose possano costituire un reservoir, è necessario che queste rocce siano al di sotto di rocce meno permeabili (tipicamente argille o evaporiti), in maniera tale che gli idrocarburi non abbiano la possibilità di risalire sino alla superficie terrestre.

Il primo a sostenere che petrolio e metano sono prodotti della trasformazione di materiale biologico in decomposizione in molecole di idrocarburi fu lo scienziato russo Lomonosov nel XVIII secolo. La sua teoria fu confutata nel 1877 da Mendeleev.

Teorie abiogene

Molte teorie abiogene sono complementari, non mutualmente esclusive e generalmente non accettate dalla comunità dei ricercatori che operano nel campo delle Scienze della terra[senza fonte]. La teoria abiotica è sostenuta da pochi studiosi (prevalentemente di scuola russa)[senza fonte]. Vi è un generale consenso, fra i ricercatori che non condividono questa teoria, sul fatto che i giacimenti di idrocarburi di possibile origine abiotica se esistono, sarebbero comunque minoritari rispetto a quelli di origine biogenica presenti nella crosta terrestre[senza fonte].

Fra questi teorici, c'è il professor Thomas Gold che nel 1992 pubblicò la sua teoria della profonda biosfera calda, allo scopo di spiegare il meccanismo dell'accumulo di idrocarburi nei giacimenti profondi.

Nel 2001 J. Kenney dimostrò che secondo le leggi della termodinamica non sarebbe possibile la trasformazione a basse pressioni di carboidrati o altro materiale biologico in catene idrocarburiche. Infatti il potenziale chimico dei carboidrati varia da -380 a -200 kcal/mole, mentre il potenziale chimico degli idrocarburi è maggiore di 0. Siccome le trasformazioni termodinamiche evolvono verso condizioni a potenziale chimico più basso, la trasformazione citata non può avvenire. Il metano non si polimerizza a basse pressioni ad alcuna temperatura.

Talvolta, giacimenti di gas naturale e petrolio ritenuti in fase di esaurimento, si riempono di nuovo; questo processo può essere alimentato solo da depositi profondi, percorrendo la sequenza di fenomeni che portò alla formazione iniziale. La teoria abiotica sostiene che tutti gli idrocarburi naturali siano di origine abiotica, ad eccezione del metano biogenico (spesso chiamato gas di palude), che è prodotto in prossimità della superficie terrestre attraverso la degradazione batterica di materia organica sedimentata.

Una teoria dell'origine abiotica del petrolio ritiene che al momento della formazione della Terra si siano formati dei significativi depositi di carbonio, ora preservati solo nel mantello superiore. Questi depositi, trovandosi in condizioni di elevata temperatura e pressione, catalizzerebbero la polimerizzazione di molecole di metano, fino a formare lunghe catene idrocarburiche.[1]

Una variante di questa teoria prevede l'idrolisi di peridotiti del mantello, con conseguente formazione di un fluido ricco in idrogeno e con metalli catalizzatori (come nickel, cromo, cobalto o vanadio), che risalendo, dilaverebbe le rocce carbonatiche superiori, generando idrocarburi. Questa reazione chimica ipotizzata è la stessa che si avrebbe nel processo industriale della sintesi di Fischer-Tropsch.

Composizione

Bottiglia con un campione di petrolio non raffinato

Il petrolio deriva da depositi naturali sotterranei di carbonio ed idrogeno, sottoposti ad elevate pressioni e ad elevata temperatura. Sia la fase liquida oleosa (petrolio) che la fase gassosa (gas naturale) tendono a spostarsi, migrando verso l'alto, attraverso le rocce porose finché incontrano strati impermeabili del sottosuolo dove vengono intrappolati e si raccolgono.

Dopo il processo di estrazione, il petrolio greggio viene raffinato attraverso la distillazione. I prodotti finali includono: cherosene, benzene, benzina, paraffina, cere, asfalto e bitumi.

Il petrolio consiste per la maggior parte di molecole di idrocarburi alifatici sia lineari che ramificati e di idrocarburi aromatici (mono-, bi- e poli- ciclici), composti quasi esclusivamente da idrogeno e carbonio. Sono tuttavia presenti quantità di composti solforati (solfuri e disolfuri), azotati (chinoline e piridine) e ossigenati (acidi grassi e acidi naftenici), anche se la loro percentuale in massa, complessivamente, difficilmente supera il 7%. Nel petrolio si trovano anche tracce di metalli (come nickel, vanadio, cobalto, cromo, cadmio, piombo, arsenico e mercurio).

Le catene molecolari nell'intervallo di C5-7 sono nafte leggere, evaporano facilmente. Vengono usate come solventi, fluidi per pulizia a secco, e altri prodotti ad asciugatura rapida.

Il cherosene è composto da catene nell'intervallo da C10 a C15, seguito dal combustibile diesel e per riscaldamento (da C10 a C20) e combustibili più pesanti come quelli usati nei motori delle navi. Questi prodotti derivati del petrolio sono liquidi a temperatura ambiente.

Gli oli lubrificanti e i grassi semi-solidi (come la vaselina) sono posizionati nell'intervallo da C16 fino a C20.

Le catene da C20 in avanti sono solidi, cominciando dalla "paraffina", poi catrame e bitume per asfalto.

La tabella seguente indica gli intervalli di temperature di ebollizione delle frazioni di distillazione del petrolio (a pressione atmosferica, in gradi Celsius):

Prodotto petrolifero  

Temperatura di ebollizione (°C)  

Utilizzi  

etere di petrolio

40 - 70

solvente

benzina leggera

60 - 100

combustibile per automobili

benzina pesante

100 - 150

combustibile per automobili

cherosene leggero

120 - 150

solvente casalingo e carburante

cherosene

150 - 300

carburante per motori jet

gasolio

250 - 350

carburante per

motori Diesel

/ riscaldamento

olio lubrificante

> 300

olio per motori

frazioni rimanenti

bitume,

pavimentazione stradale

asfalto

Lo stabilimento dove si trasforma il petrolio greggio in prodotti finiti è detto raffineria.

Storia del petrolio

Il petrolio accompagna la storia dell'uomo da secoli; la parola greca naphtha fu utilizzata inizialmente per indicare il fiammeggiare tipico delle emanazioni petrolifere. I popoli dell'antichità conoscevano i giacimenti di petrolio superficiali, che utilizzavano per produrre medicinali e bitume o per alimentare le lampade.

Non mancarono anche gli usi bellici del petrolio. Già ai tempi di Troia dell'Iliade, Omero narra di un "fuoco perenne" lanciato contro le navi greche. Il "fuoco greco" dei bizantini era un'arma preparata dal petrolio, una miscela di olio, zolfo, resina e salnitro, che non poteva essere spenta dall'acqua; questa miscela era cosparsa sulle frecce o lanciata verso le navi nemiche, al fine di incendiarle.

Il petrolio era conosciuto anche nell'antico Medio Oriente.

Marco Polo ne Il Milione parla del petrolio con le seguenti parole:

" Ancor vi dico che in questa Grande Erminia (Armenia) è l'arca di Noè in su una grande montagna, ne le confine di mezzodie in verso il levante, presso al reame che si chiama Mosul, che sono cristiani, che sono iacopini e nestarini (nestoriani), delli quali diremo inanzi. Di verso tramontana confina con Giorgens (l'attuale Georgia), e in queste confine è una fontana, ove surge tanto olio e in tanta abondanza che 100 navi se ne caricherebboro a la volta. Ma non è buono a mangiare, ma sí da ardere, e buono da rogna e d'altre cose; e per tutta quella contrada non s'arde altr'olio. "

(Marco Polo, Il Milione)

Il petrolio venne introdotto in Occidente soprattutto come medicinale, in seguito all'espansionismo arabo. Le sue doti terapeutiche si diffusero con grande rapidità e alcune fonti d'olio a cielo aperto, come l'antica Blufi (santuario della "Madonna dell'olio") e Petralia in Sicilia, divennero noti centri termali dell'antichità.

Il valore del petrolio come fonte di energia trasportabile e facilmente utilizzabile, usata dalla maggioranza dei veicoli (automobili, camion, treni, navi, aeroplani) e come base di molti prodotti chimici industriali, lo rende dall'inizio del XX secolo una delle materie prime più importanti del mondo.

L'accesso al petrolio è stato uno dei principali fattori scatenanti in molti conflitti militari, compresi la Seconda guerra mondiale e la guerra del Golfo. La maggior parte delle riserve facilmente accessibili è collocata nel Medio Oriente, una regione politicamente instabile.

Campo di estrazione petrolifera in California, 1938

L'industria petrolifera nacque negli anni 1850 negli Stati Uniti (nei pressi di Titusville, Pennsylvania), per l'iniziativa di Edwin Drake. Il 27 agosto 1859 venne aperto il primo pozzo petrolifero redditizio del mondo. L'industria crebbe lentamente durante il 1800 e non diventò di interesse nazionale (USA) fino agli inizi del ventesimo secolo; l'introduzione del motore a combustione interna fornì la domanda che ha poi largamente sostenuto questa industria. I primi piccoli giacimenti "locali" in Pennsylvania e in Ontario sono stati velocemente esauriti, portando ai " boom petroliferi" in Texas, Oklahoma, e California. Altre nazioni avevano considerevoli riserve petrolifere nei loro possedimenti coloniali, e incominciarono ad utilizzarli a livello industriale.

Sebbene negli anni cinquanta il carbone fosse ancora il combustibile più usato nel mondo, il petrolio cominciò a soppiantarlo. Agli inizi del ventunesimo secolo circa il 90% del fabbisogno di combustibile è coperto dal petrolio. In conseguenza della crisi energetica del 1973 e della crisi energetica del 1979 si è sollevato l'interesse nella pubblica opinione sui livelli delle scorte di petrolio, portando alla luce la preoccupazione che essendo il petrolio una risorsa limitata essa sia destinata ad esaurirsi (almeno come risorsa economicamente sfruttabile).

Il prezzo di un barile di petrolio è aumentato, dagli 11 dollari del 1998 a circa 147, per poi ripiegare (a causa di una quasi palese recessione globale, ma anche delle "prese di beneficio" degli speculatori), fino agli attuali 45 (dicembre 2008): data quindi l'elevatissima volatilità del prezzo di un barile, l'OPEC ha preso in valutazione di tagliare la produzione per far aumentare i costi dell'oro nero[senza fonte] (per fare un esempio: se un barile aumenta di un dollaro, negli Emirati Arabi Uniti arrivano oltre 100 milioni di dollari di guadagni[senza fonte]). Tuttavia il re dell'Arabia Saudita ʿAbd Allāh si č detto disponibile ad aumentare l'estrazione di petrolio per riportarlo ad un prezzo ragionevole[senza fonte]. Esistono e sono continuamente allo studio fonti alternative e rinnovabili di energia, sebbene la misura in cui queste possano rimpiazzare il petrolio e i loro eventuali effetti negativi sull'ambiente sono attualmente oggetto di dibattito.

Studi sulle riserve di petrolio

Grafico rappresentativo della produzione petrolifera, mostrante il picco di Hubbert.

Per riserve di petrolio si intende la quantità di idrocarburi liquidi che si stima potranno essere estratti in futuro dai giacimenti già scoperti.

Generalmente i volumi che potranno essere estratti da giacimenti non ancora sfruttati sono denominati risorse.

La determinazione delle riserve è condizionata dalle incertezze tecniche ed economiche. Le incertezze tecniche derivano dal fatto che i volumi di idrocarburo contenuti nel giacimento sono stimati quasi esclusivamente attraverso dati ottenuti con metodi indiretti (tra i più diffusi la prospezione sismica e le misure di proprietà fisiche delle rocce nei pozzi). Le informazioni dirette sono necessariamente poche, se confrontate con l'eterogeneità delle rocce serbatoio, in quanto provengono dalla perforazione dei pozzi, che è molto costosa.

Le incertezze di tipo economico includono la difficoltà di poter prevedere l'andamento futuro dei costi di estrazione e dei prezzi di vendita dell’idrocarburo (mediamente la vita produttiva di un giacimento è di 10-20 anni). Anche la disponibilità commerciale di nuove tecnologie di estrazione è difficilmente prevedibile con totale certezza. Il livello di incertezza sulle riserve è quindi massimo quando vengono stimati potenziali nuovi giacimenti, diminuisce nel momento della loro scoperta tramite perforazioni di pozzi, e durante il periodo produttivo e diviene nullo quando le riserve producibili del giacimento sono azzerate in quanto tutti gli idrocarburi estraibili sono effettivamente stati prodotti.

Il grado di aleatorietà delle riserve è espresso attraverso la loro classificazione secondo categorie definite. Esistono diversi schemi di classificazione, quella della Society of Petroleum Engineers (SPE) è internazionalmente diffuso e distingue tra Risorse (idrocarburi non ancora scoperti o non commerciali) e Riserve (idrocarburi scoperti e commerciali). Le Riserve infine sono classificate come certe, probabili e possibili secondo un grado di incertezza crescente. Questo stesso schema è stato inserito all’interno del sistema di classificazione delle risorse naturali, esclusa l’acqua, pubblicato dalle Nazioni Unite nel 2004 sotto il nome di United Nations Framework Classification (UNFC).

L'impossibilità di calcolare esattamente la quantità di riserve e di risorse, dà spazio a diverse previsioni più o meno ottimistiche.

Nel 1972 uno studio autorevole, commissionato al MIT dal Club di Roma (il famoso Rapporto sui limiti dello sviluppo), affermò che nel 2000 sarebbero state esaurite circa il 25% delle riserve mondiali di oro nero. Il rapporto, però, fu frainteso, e i più pensarono che predicesse la fine del petrolio entro il 2000.

La situazione oggi appare più grave di quanto il MIT avesse predetto. Dai dati pubblicati annualmente dalla BP si rileva che la quantità di petrolio utilizzata dal 1965 al 2004 è di 116 miliardi di tonnellate, le riserve ancora disponibili nel 2004 sono valutate in 162 miliardi di tonnellate.

Con questi valori si può facilmente calcolare che, escludendo i nuovi giacimenti che saranno scoperti nei prossimi anni, è già stato consumato il 42% delle riserve inizialmente disponibili, in altre parole si avvicina il momento del raggiungimento del "picco" dell'estrazione. Secondo la BP, il petrolio disponibile è sufficiente per circa 40 anni a partire dal 2000, supponendo di continuarne l'estrazione al ritmo attuale, quindi senza tenere conto della continua crescita della domanda mondiale, che si colloca intorno al 2% annuo. Ma al momento dell'estrazione dell'ultima goccia di petrolio, l'umanità dovrà già da tempo aver smesso di contare su questa risorsa, in quanto man mano che i pozzi si vanno esaurendo la velocità con cui si può continuare ad estrarre decresce, costringendo a ridurre i consumi o utilizzare altre fonti energetiche.

Diversi altri studi hanno in tutto o in parte confermato queste conclusioni; in particolare sono da menzionare quelli del geologo americano Marion King Hubbert (vedi anche picco di Hubbert) e in seguito, a partire da questi, quelli di Colin Campbell e Jean Laherrère.

Secondo questi studi la quantità di petrolio estratto da una nazione segue una curva a campana e la massima estrazione di greggio per unità di tempo la si ha quando si è prelevato metà di tutto il petrolio estraibile. Questo è quanto si è verificato negli USA (i 48 stati continentali - lower 48 - esclusa l' Alaska) in cui l'estrazione di petrolio ha avuto un massimo nel 1971 (circa 9 milioni di barili al giorno) e poi è declinata come in una curva a campana secondo quanto previsto da Hubbert.

Altri studi di diversa matrice (in gran parte di economisti) sostengono che la tecnologia continuerà a rendere disponibili per l'industria idrocarburi a basso costo e che sulla Terra ci sono vaste riserve di petrolio "non convenzionale" quali le sabbie bituminose, gli scisti bituminosi consentiranno nel futuro l'uso del petrolio per un periodo di tempo ancora molto lungo.

L'Agenzia internazionale dell'energia nel 2008 ha stimato che la produzione di petrolio sia destinata a calare del 9,1% annuo, o almeno il 6,4% se aumentassero gli investimenti; le stime corrette dell'agenzia abbassano tale dato al 5%[2] e considerano più probabile il 6,7%.[3]

Paesi con le maggiori riserve di petrolio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qui di seguito sono elencati i primi 20 paesi per riserve certe di petrolio all'anno 2006.

Per vita media residua si intende la stima della durata delle riserve ai ritmi di estrazione dell'anno 2006.[4]

Paese

Milioni di barili (bbl)

 % sul totale

Vita media residua

1

Arabia Saudita

264.300

21,90%

66

2

Iran

137.500

11,40%

87

3

Iraq

115.000

9,50%

157

4

Kuwait

101.500

8,40%

103

5

Emirati Arabi Uniti

97.800

8,10%

90

6

Venezuela

80.000

6,60%

78

7

Russia

79.500

6,60%

22

8

Libia

41.500

3,50%

62

9

Kazakhstan

39.800

3,30%

76

10

Nigeria

36.200

3,00%

40

11

USA

29.900

2,50%

12

12

Canada

17.100

1,40%

15

13

Cina

16.300

1,30%

12

14

Qatar

15.200

1,30%

37

15

Messico

12.900

1,10%

10

16

Algeria

12.300

1,00%

17

17

Brasile

12.200

1,00%

19

18

Angola

9.000

0,70%

18

19

Norvegia

8.500

0,70%

8

20

Azerbaijan

7.000

0,60%

29

 

Resto del mondo

74.700

6,20%

*

Totale

1.208.200

100%

40,5

46

Italia

700

0,06%

18

I volumi si riferiscono alle riserve certe. Sono incluse le stime ufficiali delle sabbie bituminose canadesi limitatamente ai progetti oggetto di sviluppo attivo oltre che ai liquidi separati dal gas naturale ( "Natural Gas Liquids - NGL") e i liquidi condensati dai gas naturali (" gas condensate ").

Impatti ambientali del petrolio

Per approfondire, vedi la voce disastro petrolifero.

Effetti sull'ambiente di un incidente da una nave petrolifera.

La presenza dell'industria petrolifera ha significativi impatti sociali e ambientali, da incidenti e da attività di routine come l'esplorazione sismica, perforazioni e scarti inquinanti.

L'estrazione petrolifera è costosa e spesso danneggia l'ambiente. La ricerca e l'estrazione di petrolio offshore disturbano l'ambiente marino circostante. L'estrazione può essere preceduta dal dragaggio, che danneggia il fondo marino e le alghe, fondamentali nella catena alimentare marina. Il greggio e il petrolio raffinato che fuoriescono da navi petroliere incidentate, hanno danneggiato fragili ecosistemi in Alaska, nelle Isole Galapagos, in Spagna e in molti altri posti.

Infine, la combustione, su tutto il pianeta, di enormi quantità di petrolio (centrali elettriche, mezzi di trasporto) risulta essere tra i maggiori responsabili dell'incremento riscontrato delle percentuali di anidride carbonica e di altri gas nell'atmosfera, con fortissima incidenza sul problema dell'effetto serra.

 

 

 

Principali paesi produttori

Barili di petrolio.

Qui di seguito vengono elencati i primi 20 paesi produttori di petrolio nel mondo nell'anno 2006 :

Paese

Milioni di

 % sul totale

barili (bbl)

1

Arabia Saudita

3963

13,30%

2

Russia

3366

12,00%

3

USA

2508

8,40%

4

Iran

1585

4,50%

5

Cina

1345

4,50%

6

Messico

1344

4,50%

7

Canada

1148

3,90%

8

Emirati Arabi Uniti

1084

3,60%

9

Venezuela

1031

3,50%

10

Norvegia

1014

3,40%

11

Kuwait

987

3,30%

12

Nigeria

898

3,00%

13

Algeria

732

2,50%

14

Iraq

730

2,40%

15

Libia

670

2,20%

16

Brasile

666

2,20%

17

Regno Unito

597

2,00%

18

Kazakistan

520

1,70%

19

Angola

514

1,70%

20

Qatar

413

1,40%

 

Resto del mondo

4497

15,10%

Totale

29807

100%

49

Italia

40

0,10%

Fonte : BP Statistical Review of World Energy - June 2007

Sono inclusi i volumi di petrolio estratti da sabbie bituminose e scisti bituminosi oltre che ai liquidi separati dal gas naturale ( "Natural Gas Liquids - NGL"). Sono esclusi i carburanti (liquid fuels) prodotti da altre fonti (es. carbone).

Principali paesi consumatori

Consumo di petrolio nel mondo, dal 1970 al 2025.

Qui di seguito vengono elencati i primi 20 paesi consumatori di petrolio nel mondo nell'anno 2006:

Paese

Milioni di

 % sul totale

barili (bbl)

1

USA

7515

24,10%

2

Cina

2718

9,00%

3

Giappone

1885

6,00%

4

Russia

998

3,30%

5

Germania

957

3,20%

6

India

940

3,10%

7

Corea del Sud

844

2,70%

8

Canada

811

2,50%

9

Brasile

765

2,40%

10

Arabia Saudita

732

2,40%

11

Messico

720

2,20%

12

Francia

712

2,40%

13

Italia

654

2,20%

14

Regno Unito

650

2,10%

15

Iran

609

2,00%

16

Spagna

585

2,00%

17

Taiwan

409

1,30%

18

Paesi Bassi

386

1,30%

19

Indonesia

376

1,30%

20

Thailandia

338

1,10%

 

Resto del mondo

6953

22,70%

Totale

30557

100%

 

 

Fonte : BP Statistical Review of World Energy - June 2007

Mercato del petrolio

I due mercati principali per lo scambio di petrolio sono il NYMEX di New York e l'International Petroleum Exchange di Londra (IPE). Entrambi sono di proprietà americana. In entrambi, il prezzo del petrolio e la quotazione avvengono in dollari. Russia e Iran sono intenzionati ad aprire Borse locali in cui è possibile acquistare petrolio e gas in valuta diversa dal dollaro.

A dicembre 2008, il Brent ha toccato il suo minimo storico il 10 dicembre 1998 quando fu quotato a 9,55 $ al barile[5][6]. Il massimo storico è dell'11 luglio 2008 quando le quotazioni registrarono i 147,25 $ al barile[7].

File:Oil Prices 1861 2007.svg

dal sito internet http://commons.wikimedia.org/wiki/Image:Oil_Prices_1861_2007.svg?uselang=it

Oil_Prices_1861_2007.svg‎ (file in formato SVG, dimensioni nominali 1.396 × 414 pixel, dimensione del file: 26 KB)

States Consumer Price Index]] (CPI), available from the Bureau of Labor Statistics here.

I studied the EIA web site further and noted that the author of the previous image brought the above spreadsheet up to date using the latest Brent Spot prices, available on this spreadsheet, also from the EIA. The update to 2006 dollars also appears to use the CPI.

I used the newest version of the above Brent Spot spreadsheet to get prices up to 2007, and converted to 2007 dollars using the latest CPI data.

I have thought about how to incorporate 2008 data, but haven't decided how to do it yet. The chart currently uses yearly averages; since 2008's not over yet, we don't have an average price for this year. I have to integrate it in a way that doesn't hurt the accuracy of the graph.

I have put further thought into how the EIA's 1861–1999 spreadsheet is constructed, with the intention of possibly improving it. I am not a commodities broker, nor am I an oil man, but I have a few thoughts:

1. Data from 1861–1944 is available on this page of annual average US domestic crude oil first purchase prices from 1859–2007. The chart leaves off 1859–1860 data. I am not sure why, but I imagine it's because it's disproportionately expensive: $16.00 in 1859 and $9.59 1860, both in the currency of the day, ridiculously expensive in today's money. 1859 was the year oil drilling began in the United States, in Titusville, Pennsylvania, and so I imagine it took a couple of years for prices to get down to realistic levels. Prices from the first couple of years of production are probably meaningless.

2. Data from 1945–1985 is said to be the price for "Arabian Light posted at Ras Tanura". I don't see anywhere else on the EIA web site where that data is found.

3. Data from 1986 and up is said to be the yearly average Brent Spot. Brent Spot prices are found elsewhere on the EIA web site, but the earliest price (from this spreadsheet) is from May 20, 1987. I am not sure why they don't have prices going back to 1986.

4. I think the spreadsheet converts to 1999 dollars using the United States Consumer Price Index for 1913 and up. When I convert to 1999 dollars using the CPI myself, I get numbers extremely close to the spreadsheet. It's close enough that I think either some decimal places got dropped somewhere or some earlier CPIs might have been reevaluated in the years since 1999.

However, the CPI is not available from the BLS for years before 1912. I'm not sure where the spreadsheet got its 1861–1912 conversions. In 1975 the United States Census Bureau published Historical Statistics of the United States, Colonial Times to 1970, available here. It includes their best guesses at CPIs starting in 1800, but when I tried to use them my numbers were way off. Yes, I took into account that the book sets CPI=100 at 1967. They must have gotten their data from someplace else. Another possibility is the Historical Statistics of the United States Millenial Edition, here. Being a good 30 years newer, it may have drastically different data based on more accurate research. I would have to pay for access, though.

I am not a big fan of how the graph is a composite of three different sources. It sort of seems like an apples and oranges comparison to me. The 1861–1944 data is domestic crude oil first purchase price. The EIA defines "first purchase" this way:

An equity (not custody) transaction involving an arms-length transfer of ownership of crude oil associated with the physical removal of the crude oil from a property (lease) for the first time. A first purchase normally occurs at the time and place of ownership transfer where the crude oil volume sold is measured and recorded on a run ticket or other similar physical evidence of purchase. The reported cost is the actual amount paid by the purchaser, allowing for any adjustments (deductions or premiums) passed on to the producer or royalty owner.

The data from 1945–1985 is, as far as I understand, the price you would have paid for a barrel of light crude if you had dropped anchor at Ras Tanura and said "Load it up!". The price from 1986–present is the price you would have paid if you had gone into the International Petroleum Exchange in London flapping your arms around and shouting (or, starting in 2005, put a message to IntercontinentalExchange into a series of tubes).

These all seems subtly different to me. I think it would be better if the entire chart relied on the same source. Oil was not extracted in large quantities in the Middle East until the mid-20th century, and was first drilled in the North Sea in the 1970s, but the EIA has US domestic oil prices from 1859 all the way to today. It has month-by-month prices from 1974. Because the prices are for oil right at the field, they are lower than the market prices we're used to hearing, but they are still real prices and are from a consistent source. I am considering making a version of this graph that uses US domestic first purchase prices exclusively, and uses monthly data from 1974 onward so that we can go all the way to last month instead of waiting for the yearly average.

I made a graph that shows monthly Brent spot prices, which is available here. It provides a detailed, recent history. I plan to make some more graphs in the future. |Source=self-made |Date=May 12, 2008 |Author= TomTheHand |Permission= |other_versions= }}

Comment by Sammy Finkelman: Maybe for years before 1913 the Wholesale Price Index was used? That has been calculated back to 1749 and was published as far back as 1955 and maybe earlier.

If you do a Google Search for "Wholesale Price Index" 1749, you'll find an article from TIME Magazine from 1959 that discusses this a little bit. The Wholesale Price Index by now has been calculated back to 1720. They use different sources for different years.

Note

1. ^ Questa teoria non è in contraddizione col secondo principio della termodinamica.

2. ^ La notizia è stata data inizialmente dal Financial Times del 28 ottobre 2008 (che cita come fonte una bozza del World Energy Outlook) e ripresa dal Guardian due giorni dopo. Fonte: Sergio Ferraris, Nessuno parli del picco, QualEnergia, novembre/dicembre 2008, p. 91.

3. ^ George Monbiot, When will the oil run out?, The Guardian, 15 dicembre 2008.

4. ^ Fonte : BP Statistical Review of World Energy - June 2007.

5. ^ 10 anni fa il petrolio sotto i 10 dollari

6. ^ Cala d 5 mila limiardi la bolletta petrolifera

7. ^ Petrolio sopra 147 dollari, Borse a picco

 

 

 

 

 

New York, 23 apr. 2009

PETROLIO: BARILE USA CHIUDE IN RIALZO SOPRA 49 DOLLARI

http://www.agi.it/food/notizie/200904232051-eco-rt11333-petrolio_barile_usa_chiude_in_rialzo_sopra_49_dollari

(AGI/REUTERS) - New York, 23 apr. 2009 - Il calo del dollaro sul mercato dei cambi fa salire le quotazioni del petrolio. Il greggio beneficia inoltre dei risultati positivi diffusi da alcune banche e dei dati migliori delle attese sugli ordini all'industria nell'eurozona. Il light crude del Nymex chiude in rialzo di 77 cent a 49,62 dollari al barile.

 

 

Petrolio: Il Prezzo Opec A 48,6 Dollari

Venerdì, 24 Aprile 2009: Borse.it

http://www.intopic.it/tag/prezzo-barile-petrolio/

L'Opecna, l'agenzia di stampa ufficiale dell'Opec, ha reso noto che il prezzo medio del greggio prodotto dai Paesi dell'Organizzazione ieri si è attestato a 48,60 dollari al barile, in crescita rispetto ai 48,51 dollari di mercoledì. (13:49:06...

 

 

10 gennaio, 2008 di Y.Y.

Petrolio a 100$ al Barile. C’è Qualcosa che non Quadra

Dal sito internet:

http://www.mentecritica.net/petrolio-a-100-al-barile-ce-qualcosa-che-non-quadra/il-pianeta-che-ride/yy/2628/

Sabato, 25 Aprile 2009

10 gennaio, 2008 di Y.Y.

Archiviato in Chiamiamola Economia, Consumo CriticaMente, Il Pianeta che Ride, Informazione, Oltre il Confine

Dire che il petrolio è a 100 dollari al barile, per noi europei non vuol dire assolutamente niente. Noi non facciamo la spesa al supermercato in dollari. Da un po’ di tempo a questa parte facciamo la spesa in euro. Siccome il rapporto di cambio tra euro e dollaro è variato molto in questi anni, la cosa che ci interessa veramente sapere è: ma di quanto è aumentato un barile di greggio in euro?

Per fare questo è stato necessario reperire in rete una impressionante mole di dati. Ho scelto di stabilire come data di inizio dell’osservazione gennaio 2002. La data non ha nessun significato particolare, ma era la prima data nella quale tutti i dati necessari erano disponibili. L’osservazione si conclude a ottobre 2007.

I Dati

Per questo periodo ho raccolto la media mensile del cambio euro/dollaro, utilizzando il database disponibile nel sito della Nederlandsche Bank.

La media mensile del prezzo del greggio al barile, è stata ottenuta interpolando i dati disponibili a questo link e a questo. A questo punto è stato elementare associare i due dati ed ottenere lo storico, in euro, del prezzo del greggio al barile.

barrellg.gif

Ma non mi sono fermata qui. Sul sito dell’Unione Petrolifera Italiana, sono disponibili anche le medie mensili del prezzo alla pompa della benzina super senza piombo e del gasolio per autotrazione nel periodo indicato.

A questo punto il quadro è completo e ve lo metto a disposizione. Se preferite la forma grafica cliccate l’immagine che segue. Elenca solo i dati da luglio 2006 a ottobre 2007, ma i dati finali sono comunque disponibili:

La tabella si legge così: La prima colonna indica il mese e l’anno, la seconda il rapporto di cambio euro/dollaro (cioè quanti dollari per un euro). Terza e quarta colonna il prezzo del greggio al barile in dollari ed in euro per il mese indicato (verde se in diminuzione rispetto al mese precedente, rosso se in aumento). Le due colonne successive indicano l’aumento in percentuale del prezzo del barile, in dollari ed euro rispettivamente, in confronto al prezzo della data iniziale (gennaio 2002).ì

Le ultime quattro colonne, con criteri equivalenti, mostrano l’andamento del prezzo per litro alla pompa di benzina e gasolio per autotrazione.

L’Analisi dei dati

La prima cosa che salta all’occhio è che dal gennaio 2002 ad ottobre 2007 il prezzo del greggio è salito del 365,83% per chi lo paga in dollari e solamente del 189,21% per chi lo paga in euro. In pratica gli Stati uniti si sono visti quadruplicare la bolletta energetica in meno di 5 anni mentre l’Unione Europea, grazie al grande potere d’acquisto dell’Euro, ha subito un danno consistente, ma nettamente minore.

L’altra cosa che salta all’occhio è che il prezzo di benzina e gasolio alla pompa, nello stesso periodo, è salito solamente (questa volta senza corsivo) del 32,23% e del 44,14%.

Aumenti importanti, certamente, ma del tutto non commisurati all’aumento contabilizzato dalla materia prima. I combustibili liquidi, nonostante tutto, sono solo al sesto posto per aumento di prezzo dal 1995 al 2006. Sono preceduti da assicurazioni, istruzione, sigarette, altri servizi alloggio (non fitto) e persino acqua potabile (dati Istat file MS-Excel 296 KB).

Si osservi che il prezzo del gasolio ha subito un incremento di circa il 33% superiore a quello della benzina nello stesso periodo. La motivazione è, probabilmente, del tutto speculativa ed è funzionale al consistente aumento della domanda.

Lo Scenario

E’ evidente a tutti che petrolio e zucchine sono due cose diverse. Forse è meno evidente il fatto che la diversità non si limita a forma e sapore ma anche alla modalità con la quale il prodotto viene prezzato. il prezzo delle zucchine, come per tutti i prodotti deperibili, è prepotentemente dipendente dalla disponibilità. Per questo, una grandinata e un po’ di speculazione possono raddoppiare il prezzo nel giro di poche ore.

Viceversa, il petrolio, oltre che non deperibile, rimane una risorsa strategica. Se il prezzo della benzina alla pompa dovesse rispecchiare l’aumento della materia prima, oggi un litro di benzina costerebbe 1,87 euro, mentre un litro di gasolio 1,58 euro.Il contenimento dell’aumento è dovuto alle politiche di stoccaggio operate dai fornitori che, acquistando la materia prima a prezzi differenziati nel tempo, riescono a mantenere un prezzo mediamente accettabile.

Questo perché il petrolio è, allo stato attuale della tecnologia, il sangue che alimenta ed ossigena il l’organismo vivente della nostra società e aumentarne il prezzo al consumo in maniera eccessiva comporterebbe un decadimento generale della produzione e del sistema economico.

In ogni caso, se le crisi regionali non dovessero trovare soluzione, sarà inevitabile un aumento dei prezzi fino ai limiti che ho indicato precedentemente. Cioè, anche se il petrolio viaggia a 100 dollari al barile, il vero aumento non lo stiamo ancora pagando.

Qualche ultima considerazione di carattere strategico. Qualcuno afferma che sopravvivere al petrolio si può. Dal punto di vista tecnologico, per quanto complessa sia l’implementazione di soluzioni alternative agli idrocarburi, una strada alternativa, anche se non necessariamente meno inquinante, sarebbe certamente possibile.

Questo processo virtuoso è ostacolato da due fattori la cui valutazione è complessa e meriterebbe sicuramente una trattazione dedicata.

Il primo fattore è di natura militare. Quadruplicare le spese per energia e subire, contemporaneamente, una crisi finanziaria di vastissime proporzioni mette gli Stati Uniti in una posizione difficile e rende inquietante l’equilibrio geopolitico attuale. Abbiamo già assistito al dissolvimento praticamente incruento di una delle due superpotenze della guerra fredda ed è molto probabile che gli Stati Uniti non intendano assoggettarsi passivamente allo stesso destino di declino che ha vissuto la Russia.

Gli Stati Uniti dispongono ancora di validissime forze militari ed è plausibile che esse rappresenteranno uno strumento per approvvigionarsi di quanto è necessario all’economia americana per sopravvivere. Questo potrebbe avvenire anche a scapito dell’Unione Europea che, da folcloristica associazione di decadenti staterelli in crisi, si sta trasformando in un competitor finanziario temibile.

Il secondo fattore ostativo è rappresentato da chi detiene attualmente il controllo strategico del petrolio e della sua erogazione. Non necessariamente si tratta dei produttori e, probabilmente, nemmeno di precise nazionalità. Si tratta di società finanziarie con capitali immensi e poteri superiori a quelli degli stessi stati nazionali.Enrico Mattei ebbe modo di affrontarle diverse volte nel corso della sua presidenza dell’Eni.

Difficilmente chi in questo momento tiene la mano sul rubinetto che disseta tutti sarà disposto a cedere la sua posizione di privilegio per mettersi in fila con gli altri ad un’altra fonte di approvvigionamento. La transizione, se e quando ci sarà, dovrà forzosamente passare per uno scontro, speriamo solo finanziario, fra chi controlla la vecchia tecnologia e chi lavora per l’affermazione di quella nuova.

Nel frattempo, quando fate benzina, ricordatevi che quello che state pagando è solo un prezzo politico. Nonostante tutto e nonostante le tasse, quella che bruciate nella vostra macchina è una risorsa a termine e dovrebbe costare molto, ma molto di più. E questa, in effetti, è anche un’altra differenza tra petrolio e zucchine.

 

Quotazioni day future e prezzi del petrolio greggio negli stati uniti

Borsa quotazione barile di petrolio in dollari tipo light sweet crude oil index ultimi 3 mesi.

Dal sito internet

http://www.iaconet.com/petrolio_day.htm

grafico day quotazione prezzo petrolio ultimi 3 mesi light sweet crude oil

Siamo sicuri che il prezzo del petrolio sia aumentato veramente così tanto ?

Assolutamente no !!!

In termini reali, il petrolio, considerata la inflazione, costa mediamente molto meno che in passato: precisamente 40 $ al barile (media degli ultimi mesi) contro i circa 50 $ del 1991 (invasione del kuwait), quindi il prezzo è mediamente il 20% in meno; addirittura, se risaliamo ai primi anni '80 (picco di 90 $ dollari al barile) il greggio si è deprezzato di circa il 55% in meno.

Analoga considerazione possiamo fare se rapportiamo la media storica semplice del suo prezzo (dagli anni 70 ad oggi = 35,56 $ barile, e dal 1986 ad oggi = 27,35 $ barile), sempre aggiustata con la inflazione. Dobbiamo poi considerare il fatto che le riserve di petrolio che noi europei acquistiamo viene pagato in euro anche se tale petrolio viene dalla cina o dal venezuela, quindi, un altro ruolo importante nella determinazione del prezzo reale del petrolio e suoi derivati viene dal rapporto di cambio tra euro e dollaro, che, in questi ultimi anni, è tutto a favore del primo: ebbene, come è conveniente per un europeo fare una vacanza negli states, è altresì conveniente, per stabilizzare il prezzo del petrolio, pagarlo in euro dato il conveniente tasso di cambio tra le due monete. Ma allora una domanda sorge spontanea: perchè con tutto ciò il prezzo della benzina continua a salire ? Risposta : speculazione. Pura speculazione. L'aggravio del costo al litro dei carburanti è dato sia dal pesante prelievo fiscale attuato dallo stato sia dai vari passaggi commerciali che iniziano con la estrazione del greggio e terminano con la immissione materiale del carbutante nelle nostre taniche. Da considerare altresì l'aumento del consumo di petrolio ed energia elettrica da parte di cina ed india che senza dubbio contibuiranno a fare alzare ancora il costo al barile del petrolio: tale aumento, purtroppo, è difficile da contrastare anche da parte dell'opec.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

http://www.disinformazione.it/petrolioedollari.htm

- Pagina economia

- Intervista a Marco Saba

- Libri sull'economia

Petrolio, dollari e buoni del Tesoro

a cura di Marco Saba - tratto da http://saba.fateback.com/articoli/petrodollaribond.html

Premettiamo che l'articolo che segue è basato su considerazioni intuitive e pertanto soggette a revisione.

Quanto costa la benzina in Italia al consumatore? Circa 1,2 euro al litro. Ma quanto costa all'ingrosso? Un barile di petrolio, 166 litri, costa 55 dollari: 55 centesimi vengono pagati cash mentre il resto, 54,45 dollari, vengono pagati in T-bond, i buoni del Tesoro americani, diventando immediatamente parte del "debito" pubblico USA. Ma quando Moratti li compra dagli americani, quei barili, probabilmente li deve pagare cash: diciamo 40 euro a barile. Se si tratta di petrolio di alta qualità, tipo il petrolio libico o nigeriano, la rendita alla raffinazione è molto elevata: diciamo che un barile renda 150 litri di benzina (per semplicità non consideriamo i prodotti di scarto, anch'essi commercializzati dalle raffinerie). Nel momento in cui una società petrolifera italiano paga i 40 euro a barile, gli americani venditori si trovano 40 euro cash in cambio dei 55 centesimi di dollaro cash, più i T-bond, che avevano speso inizialmente. Quando Moratti raffina, ottiene 150 litri di carburante che ha pagato 40 euro, ma che al consumatore finale costeranno 360 euro. Difatti sul prezzo del carburante vi sono i balzelli delle tasse dello Stato più il ricarico alla pompa, etc. Sempre supponendo che Moratti abbia pagato cash, e che i contratti siano "spot" (ovvero compensati ai prezzi del giorno, e non dei contratti decennali al prezzo di dieci anni fa, come sarebbe più normale pensare), l'effetto netto è che per ogni barile ben 320 euro vengono ritirati dalla circolazione (dalle tasche dei consumatori che si recano alla pompa per fare il pieno). Con questo sistema, applicato su vasta scala, si ottiene il risultato di una grande quantità di euro emessi (inflazione del valore) ma di cui una parte importante viene ritirata dalla circolazione (deflazione della quantità del circolante). Infatti, quello che sta avvenendo è che l'euro perde valore più lentamente del dollaro per cui abbiamo la falsa impressione di una euro-rivalutazione. Quanto sopra riguarda l'ipotesi tradizionale per cui il petrolio viene scambiato solo in dollari. Ogni volta che compriamo dollari in cambio di euro, stiamo rafforzando la valuta USA cedendo loro il signoraggio relativo. Siccome il meccanismo di emissione è sconosciuto al grande pubblico - che ritiene che il signoraggio vada allo Stato - non si percepisce immediatamente l'entità del danno. Con l'attuale meccanismo di emissione, messo a punto dai prestigiatori di ultima istanza, il signoraggio (risultato della sovranità monetaria) finisce inevitabilmente in mani private.

Signoraggio ufficiale e signoraggio realistico

Tramite la sistematica falsificazione dei bilanci, con cui le banche nascondono nel passivo la massima parte del signoraggio, sembra che il signoraggio sia solamente rappresentato dalla differenza tra i titoli di stato postati all'attivo ed il valore numerario postato al passivo. Ovvero, il signoraggio sarebbe rappresentato dagli interessi pagati sui titoli di Stato. Lo Stato, cioè, non paga la sua moneta per il costo di produzione, ma riconoscendo ai privati soci di Bankitalia il VALORE NOMINALE delle banconote che acquisisce. Il pagatore di ultima istanza è il popolo sovrano, ignaro del meccanismo, che deve coprire con le tasse il valore dei titoli di Stato. Con l'osceno Trattato di Maastricht si realizza un'ulteriore ingiustizia: paghiamo tasse all'Inghilterra, alla Svezia e alla Danimarca. Perché? Perché questi paesi non hanno adottato l'euro al loro interno. Poiché secondo il Trattato di M. il signoraggio sull'euro viene spartito tra le banche centrali socie della Banca Centrale Europea, in proporzione alle quote-parte detenute dalle singole banche centrali, è evidente che chi non adotta internamente l'euro si appropria del signoraggio relativo alla propria valuta nazionale, in misura del 100%. Poiché abbiamo visto che il signoraggio realistico è enormemente più significativo di quello ufficiale, capiamo subito quali sono le poste in ballo. Si tratta di valori più che sufficienti per giustificare i mandanti dell'omicidio di Anna Lindh, ad esempio. Ma al popolo questa ulteriore distinzione sull'accaparramento del signoraggio non fa molto effetto, poiché sia ben chiaro, al popolo il signoraggio non arriva mai (a meno che per "popolo" non si intendano i satrapi delle banche centrali, mentre l'uomo comune farebbe piuttosto parte della classe degli schiavi).

La benzina del signoraggio e la Fed

Anche negli USA, ovvero sul mercato interno, esiste una grande differenza tra il prezzo del petrolio e quanto si paga alla pompa di benzina, ma il cittadino americano il pieno lo paga un terzo rispetto al cittadino europeo. I soci privati della Federal Reserve sono i veri vincitori del mercato mondiale di un petrolio pagato in dollari. Questi signori del signoraggio del dollaro vivono sul filo del rasoio a causa di una sentenza del 1968. Le sentenze giudiziarie, negli USA, fanno legge (anche se recentemente si sta affermando una strana tendenza: alcune sentenze riportano la scritta esplicita per cui sono valide MA non fanno legge).

Dollari: le "Federal Reserve Note" sono carta straccia

Nella causa "First National Bank of Montgomery CONTRO Jerome Daly", il giudice Martin V. Mahoney decretò che le banconote della Fed non avevano alcun valore legale. Il giudice morì avvelenato sei mesi dopo la sentenza, ma la sentenza rimane e fa diritto. Negli ultimi anni ben 52 sentenze, negli USA, hanno fatto riferimento alla causa del 1968, tuttavia i media fanno di tutto per evitare di parlarne. Verrebbe da sperare che almeno i servizi dell'intelligence europea ne siano a conoscenza... La causa del 1968 è una bomba ad orologeria che, prima o poi, è destinata a scoppiare. In pratica, il dollaro della Fed sussiste solo fino a quando la gente, o per lo meno la maggior parte, continuerà a crederci. Se pensiamo che l'unico modo per redimere i T-bond americani è di scambiarli per dollari-Fed, possiamo ben capire il grave stato di disagio che stanno provando i grandi possessori di T-bond americani: i sauditi, i giapponesi, i cinesi. Allo stesso tempo proviamo una grande pena per quanti hanno investito in dollari, compresi i gestori dei fondi e le ingenue banche centrali che ne hanno fatto incetta come riserva.

Ma riserva de' che?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

http://www.dani2989.com/matiere1/p%E9trole18052004it.htm

Petrolio 20 dollari o 60 dollari?

Ci sono molti scenari possibili per il prezzo del petrolio. Il petrolio è la fonte d'energia più importante nel mondo, la inferiore delle sue variazioni di prezzo è seguita con molta attenzione.

I. aumento controllato.

È lo scenario più condiviso. Il corso del petrolio torna così nel fondo del suo canale rialzista nella zona del 20$. In seguito, riparte verso l'alto del suo canale nella zona del 40$. Se si osservano le onde precedenti, il ciclo basso del canale e la cima del canale possono prendere tra i 2 ed i 4 anni. I nuovi vertici sono così 10 al 15% (+) più sù e le nuove cavità sono 10 al 15% più sù (+). Questo corrisponde nei fatti ad un ristagno dei prezzi del petrolio con l'aumento della massa monetaria del dollaro us. Ma ecco, cosa che era ieri possibile lo essere-ti egli ancora domani?

III. O vai ti si?

- Verso un aumento del prezzo del petrolio a lungo termine, è per me una certezza. ma quando ed a o, è difficile da dire. Forze enormi sono esercitate perché il prezzo del petrolio resti in una forcella di prezzo accettabile, egli ne è così da molti decenni. Un giorno o l'altro, le leggi del mercato riprenderanno la cima. Ciò può arrivare tra 1 giorno, 1 mese, 1 anno o 10 anni. Una cosa di cui sono sicuro, è che le società petrolifere che hanno riserve sono una buona sistemazione a lungo termine. Dico bene le società petrolifere che hanno riserve e non hanno pompe a benzina o raffinerie.

- Si trova con il petrolio un po'la stessa problematica per l'oro o il denaro. Mi spiego: molto spesso si dice che l'oro monta a causa di problemi congiunturali, a causa di crisi geopolitiche o economiche. È a volte vero a breve scadenza, ma a lungo termine l'oro ed il denaro montano per ragioni strutturali (ribasso dell'esplorazione, deficit offerta/domanda, esaurimento dei grandi giacimenti…). Per il petrolio, è la stessa cosa, certamente delle crisi geopolitiche peggiorano a volte la situazione, ma a lungo termine sono ragioni strutturali che fanno montare i corsi del petrolio. È soprattutto, l'aumento della domanda ed un ristagno dell'offerta che fanno montare le corti a lungo termine.

 

- Abbassa petrolio, al di sotto di 20$ (uscita dal fondo del canale rialzista), non mi sembra ormai o poco credibile. L'aumento attuale del corso del petrolio non è così importante, poiché è dovuta in parte ad un ribasso del prezzo del $us. È dunque possibile che il corso del petrolio resti nel suo canale rialzista e modifichi il fondo di quest'ultimo, ma ciò mi sembra impossibile che ne è uscito con il fondo. Il mio scenario favorito è un aumento fino a 60$.

Il petrolio è in una tendenza gherlino a lungo termine e diventa dunque un investimento eccellente per il lungo termine. Per le persone più prudente, è una relazione eccellente guadagni/rischi per il lungo termine. La sola difficoltà è di trovare una bella società petrolifera con riserve. Buona possibilità!! Quest'aumento del petrolio dovrebbe rendere tutte le diverse energie più attraenti. Penso al gas, carbone, uranio o le energie rinnovabili come il mulino a vento, il solare o la geotermia. Le società di questi vari settori sono molto interessanti a lungo termine.

Dott.Thomas Chaize

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Petrolio a 100 dollari al barile

http://www.trading-online.info/barile-petrolio-brent-light-crude-oil-wti-opec/125/petrolio-a-100-dollari-al-barile/

lunedì 03 dicembre 2007 di Trading online

Record storico del petrolio a 100 dollari al barile circa effettuato durante il mese di novembre 2007.

Un barile è pari a 42 galloni USA corrispondenti a 158,987294928 litri. In pratica con il petrolio a 100 dollari al barile corrisponde a circa 0,629 dollari per ogni litro di petrolio.

Alcuni dei principali produttori di petrolio nel mondo sono:

* Anadarko - USA

* BP - Regno Unito

* Chevron - USA

* ConocoPhillips - USA

* Eni - Italia

* ExxonMobil - USA

* Gulf Oil - USA

* Irving Oil - Canada

* Marathon - USA

* Norsk Hydro - Norvegia

* PDVSA - Venezuela

* Petrobras - Brasile

* Petrochina - Cina

* Petroleos Mexicanos - Messico

* Petro Canada - Canada

* Petronas - Malesia

* Pride Offshore - Stati Uniti

* Qatar Petroleum - Qatar

* Repsol - Spagna

* Royal Dutch Shell - Paesi Bassi e Regno Unito

* Sonangol - Angola

* Statoil - Norvegia

* Total - Francia

* YPF - Argentina

* YPFB - Bolivia

* YUKOS - Russia

Molte di queste azioni di società petrolifere dagli anni novanta fino a quest’anno hanno avuto notevoli incrementi in borsa grazie proprio al forte incremento delle quotazioni del petrolio. Chi ha investito nel settore del petrolio e delle materie prime ha avuto l’opportunità spesso di avere ottimi guadagni di borsa con buone performance.

Il petrolio continuerà a salire o scenderà? Si è raggiunto il massimo storico con la classica bolla speculativa del top delle quotazioni?

La risposta è piuttosto difficile da dare però si possono fare alcune considerazioni. L’oro nero è una risorsa disponibile ma limitata e come tale per un logico meccanismo della domanda e dell’offerta potrebbe essere possibile un tendenziale aumento delle quotazioni del greggio nel tempo, tuttavia esistono molte fonti di energia rinnovabile ed altre forme di energia a minore costo. C’è chi pensa che alcuni livelli di prezzo del petrolio - dei quali non si riesce a identificare il livello - non possano essere superati in quanto il petrolio potrebbe diventare eccessivamente costoso e meno conveniente rispetto ad altre fonti di energia.

Probabilmente il processo di diversificazione dell’approvvigionamento energetico non è ancora maturo, tuttavia pur escludendo l’energia nucleare tutte le altre fonti energetiche come la bioenergia generata da biomasse come biogas, biodiesel, oli vegetali e cippato, l’energia solare catturata con i pannelli solari - fotovoltaico e termico, l’energia eolica, termovalorizzazione di cdr, l’energia idroelettrica generata dall’energia del moto ondoso, energia delle maree detta mareomotrice, energia talassotermica, energia geotermica sono tutte da considerarsi come fonti di energia rinnovabili e con un basso impatto ambientale spesso inferiore rispetto al petrolio e con costi spesso notevolmente inferiori.

Sfruttare energia naturale come le risorse idriche, il vento, il sole, i prodotti vegetali nonchè i rifiuti sia organici che inorganici può contribuire ad una migliore tutela dell’ambiente, ad una diversificazione di approvvigionamento energetico e spesso al risparmio di molti euro sulla bolletta energetica.

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Scritto su Barile Petrolio Brent Light Crude Oil WTI OPEC

 

 

 

 

mercoledì 7 maggio 2008

http://mondoelettrico.blogspot.com/2008/05/wti-12184-al-barile-petrolio-chiude-con.html

WTI 121,84 $ al barile, petrolio chiude con un nuovo record

Ieri un altro record assoluto del petrolio al Nymex New York dove è stato scambiato a 122,35 dollari per poi fissarsi a 121,84 dollari al barile.

Aggiornamento il petrolio malaysiano denominato Tapis in questo momento è a 126,49.

 

 

 

 

Barile petrolio usa in rialzo a 89 dollari

http://news.kataweb.it/item/369494/barile-petrolio-usa-in-rialzo-a-89-dollari

25 ottobre 2007 alle 18:43 — Fonte: repubblica.it

IL prezzo del petrolio è in rialzo a New York sulla scia dei timori per i rifornimenti innescati dal calo delle scorte settimanali. Il greggio con consegna a dicembre è scambiato a 89 dollari al barile, in rialzo di 1,90 dollari.

 

 

 

 

 

 

Petrolio, al Nymex di New York il barile scende sotto i 59 dollari

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2008/11/petrolio-barile-wti-brent.shtml?uuid=fd9847ae-b020-11dd-8057-9c09c8bfa449&DocRulesView=Libero

11 novembre 2008

Continua il calo dei prezzi del greggio che ha toccato oggi il minimo in 20 mesi, scendendo al di sotto della soglia dei 60 dollari al barile. Il petrolio era arrivato nelle contrattazioni del premercato sul Nymex a un minimo di 58,32 dollari, il punto più basso dal marzo 2007. Anche se verso le 20.00 dell'11 novembre è scambiato a 59,05 dollari al barile e in calo di 3,38 dollari, è sceso sotto la soglia dei 59 dollari anche durante la seduta.

Anche a Londra, il brent ha perso il 6 per cento, ovvero 3,54 dollari a 55,54 dollari al barile. A pesare sull'andamento del greggio è il rapporto dell'International Energy Agency, che potrebbe rivedere al ribasso le previsioni sulla domanda di greggio nel 2009 per il terzo mese consecutivo.

Gli scambi da molte sedute sono caratterizzati da una forte volatilità: il barile è vicino ora ai livelli della prima metà del 2007 ma, mentre allora la variazione tra il livello minimo e massimo durante ogni seduta era di circa 1,50 dollari al barile, attualmente lo scarto è di circa di 5,50 dollari, con picchi di 9,50 dollari.

I prezzi del greggio, così come l'andamento dei listini, avevano puntato nelle prime ore di lunedì verso l'alto, sulla scia della notizia che la Cina avrebbe avviato un piano di incentivi per l'economia da 586 miliardi di dollari. Nel corso della seduta, tuttavia, i guadagni sono andati in fumo, sia per il greggio sia per Wall Street. Hanno infine prevalso i timori sull'andamento dell'economia americana, che si trova ad affrontare il periodo peggiore in molti decenni

 

 

 

 

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2009-04-25

 

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2008-01-03

La misura "convenzionale" dell'oro nero corrisponde a 135 chil di greggio

Circa la metà finisce in carburanti: benzina, gasolio da trazione e riscaldamento

Un barile: 159 litri di petrolio

ma anche 1750 bottiglie di plastica

<B>Un barile: 159 litri di petrolio<br>ma anche 1750 bottiglie di plastica</B>

ROMA - Cento dollari al barile di petrolio, ma non tutti sanno a quanto corrisponde l'unità di misura tipica dell'oro nero e a cosa si può fare con quella quantità.

Petrolio significa soprattutto energia, ma l'oro nero serve anche per realizzare un'infinità di prodotti di uso quotidiano. Dal petrolio raffinato si ricavano, infatti, circa una ventina di prodotti, e se energia per l'elettricità, benzina e gasolio fanno la parte del leone, dal barile il petrolio arriva nelle case sotto forma di bottiglie e oggetti di plastica, polistirolo fino ad alcuni tessuti di abbigliamento, come il polyestere.

Da un barile, 1.750 bottiglie di plastica - Da un barile di petrolio, infatti si possono ricavare ben 1.750 bottiglie di plastica da un litro e mezzo, quelle comunemente usate per acqua minerale e bibite. Un barile contiene, infatti, convenzionalmente 159 litri di greggio, pari a circa 135 chili.

Servono all'incirca 2 chili di petrolio per fare 1 kg di plastica per alimenti (Pet). Quindi da un barile di petrolio si ricavano circa 70 chili di Pet. Tenuto conto che una bottiglia da un litro e mezzo pesa circa 40 grammi, da un barile si possono produrre qualcosa come 1.750 bottiglie.

Metà del barile finisce in carburanti - Secondo alcune stime di tecnici del settore, da un barile si ricavano circa 50 litri di benzina e altrettanti di gasolio. I carburanti da soli rappresentano il 55% del barile di petrolio: il 23% diventa gasolio auto mentre un altro 22% benzina. Segue l'olio combustibile (20%) per utilizzi industriali o per la produzione elettrica. Un altro 10% serve per il gasolio riscaldamento mentre un altro 7% è destinato alla produzione di kerosene, il cosiddetto jet-fuel per i trasporti aerei commerciali e militari. Un altro 5% viene usato poi per ricavare gpl auto e riscaldamento mentre una quota uguale è destinata ai bitumi (il materiale, ad esempio, per realizzare gli asfalti) mentre il 3% del barile serve per i lubrificanti. A completare l'utilizzo c'è poi un'altra quota, intorno al 5%, di uso delle raffinerie, gli impianti cioè di trasformazione dell'oro nero in prodotti lavorati.

Un barile di petrolio al mese per italiano - In Italia consumiamo mediamente 5 litri di petrolio al giorno per persona, ossia circa un barile di petrolio al mese. Il consumo di petrolio annuale medio per una famiglia di 4 persone in Italia si aggira quindi intorno a 7.760 litri. Quasi 2.000 Euro ai prezzi del 2005.

Un barile vale 1.650 Kwh - Tenuto conto che un barile nel contiene 159 litri, in termini energetici il suo valore è di circa 1.650 chilowattora. Tenuto conto che il consumo medio mensile di una famiglia è di 225 chilowattora, un barile di petrolio corrisponde, all'incirca, ai consumi familiari in sette mesi e mezzo.

(3 gennaio 2008)

 

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